il territorio... - "Scopri Biumo e Belforte: La Nostra Cooperativa"

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Da dove veniamo

"Belfòrt"


Belforte è un rione della città di Varese situato nella parte orientale del capoluogo lombardo, attraversato dall'omonimo viale che risulta essere una delle arterie principali della città, collegandola con Malnate e dunque il Comasco ed i valichi svizzeri.inizio-viale-chiesa-lazzaretto

Non molto sappiamo della storia della città se non sino alla tarda epoca imperiale, quando il villaggio, un piccolo villaggio di origine gallica, cominciò ad assumere una certa rilevanza in quanto collocato lungo strategiche vie di transito, la presenza dopo il Mille di significativi presidi difensivi, alcuni dei quali, la Torre di Velate e il sito di Belforte, sono ancora oggi in parte visibili, sono un indizio di una lunga catena di insediamenti realizzati per controllare le vie d'accesso alla pianura padana dal nord. Infatti, nei pressi di Varese, c'era quella via di comunicazione che collegava Milano con la attuale Svizzera
Questo itinerario era molto frequentato dai mercanti e dai militari. In un documento del 922 viene citata per la prima volta la chiesa di Varese. Di circa un secolo successivo, 1068 è la citazione di Varese come sito di mercato. L'accresciuta rinomanza del borgo è testimoniata dall'elezione di Guido da Velate, territorio posto ai margini settentrionali del borgo, come arcivescovo di Milano nel 1045. Il prelato, fedele all'imperatore, si schiera contro il papato e i Patari, movimento eretico diffuso nel nord Italia. Durante la guerra che oppose i Visconti di Milano e i Torriani di Como, il borgo, alleato dei milanesi, venne saccheggiato dai Comaschi che non risparmiarono distruzioni di presidi difensivi, così come di altri insediamenti.
Belforte, gruppo di cascinali nella castellanza di Biumo Inferiore, posti sulla via comasca, a due passi dal Borgo, dominante la valle dell'Olona, presso cui passava la strada di Alemagna (così detta perchè portava a tale regione: Varese, Ponte Tresa, Passo del Ceneri, Bellinzona, Passi alpini), parve all'imperatore il miglior punto strategico della zona e si vuole vi facesse costruire un castello e vi ponesse un forte presidio. «Castro Belforte» leggiamo in una pergamena del 1165.
Nel corso del XIII secolo, la vita del borgo si rafforza grazie soprattutto alle attività mercantile che avevano epicentro nel mercato alla Motta. Un borgo che viveva la sua prima espansione territoriale racchiuso Il Castello di Belforte  in ristrutturazione entro sei direttrici specifiche segnate da altrettante porte: la porta Rezzano si trovava in fondo all'attuale via Marcobi e immetteva sulla strada per S. Maria del Monte; la porta Regondello; la porta di S. Martino vicino all'omonima chiesa; la porta Milano, la porta Motta e la porta Campagna.
Nel 1237 Varese combattè a fianco di Milano contro l'Imperatore Federico II di Svevia, nipote di Barbarossa, che pare abbia alloggiato nel sito, oggi comunemente detto Castello di Belforte, posto in direzione sud-est rispetto al borgo, lungo l'importante via verso la Svizzera. Su una collinetta sovrastante il quartiere è ubicato l'omonimo castello, che nel 1164 e nel 1175 ospitò l'imperatore Federico Barbarossa in occasione delle sue discese a Milano; la costruzione venne trasformata in villa nel Seicento e si trova attualmente in uno stato di pesante incuria. A cavallo tra queste due date, i varesini che entrarono a far parte della Lega Lombarda vennero definiti "quelli di Belforte", proprio per sottolineare l'importanza ricoperta dal castello.
La chiesa parrocchiale è intitolata alla Madonna della Speranza e della Pace, ma è più semplicemente conosciuta come chiesa del Lazzaretto, per essere stata utilizzata come luogo di degenza dei contagiati durante la grande peste del Seicento. Nell'edificio troviamo una tela rappresentante la Vergine e San Maderno con tutta probabilità dipinta nel XVII secolo da Federico Bianchi. Il rione è attraversato dal torrente Vellone che, nei pressi di Malnate, sfocia nell'Olona.


 cstello lato strada provinciale
castelo di belforte piazzale interno
IL CASTELLO DI BELFORTE SEMPRE PIÙ FATISCENTE
Rilanciamo la proposta di realizzarvi un museo del Risorgimento di valenza regionale
Le condizioni del Castello di Belforte destano sempre più preoccupazione dal punto di vista statico ma soprattutto desta ancor più preoccupazione la incapacità (o la non volontà) politica di risolvere una problematica strutturale che riguarda tutti i varesini interessando la storia del territorio in cui abitiamo e operiamo. Ci riporta ad occuparci della questione La Prealpina che ha affrontato recentemente il tema del recupero delle divise garibaldine di proprietà dell'associazione Militari in congedo.
Ho ragione di credere che la politica locale possa trovarsi, a causa della penuria di mezzi, in uno stato di incertezza sulla destinazione finale del materiale risorgimentale, sia sul restauro e sulla completa acquisizione del Castello. Anni fa quando ancora gli interni del castello erano significativamente conservati, alcune associazioni varesine (tra cui Amici della Terra di Varese) si erano fatte carico che avvenisse la donazione al Comune di Varese della porzione del Castello dalle quattro sorelle Tenconi, dagli eredi di Ambrogio Tenconi, dagli eredi dell'Ingegner Cantù, dalla Signora Giuliana Sella e dalla immobiliare Frabeg.
Non è stata donata invece la porzione del castello di proprietà degli eredi di Carlo Tenconi. Nel far ciò dette associazioni avevano avuto in un pubblico convegno un'esplicita imbeccata dell'allora assessore Luigi Zanzi. Perché poi il Comune di Varese, che ha fatto pure svolgere dei lavori, non ha promosso una azione legale per acquisire anche la quota di minoranza del Castello, resta un quesito irrisolto. Avevo invano sollecitato il Comune a chiedere il risarcimento dei soldi spesi ovvero a far valere delle norme regolamentari che impedissero ai privati di conservare in ambito comunale degli immobili in condizioni di disordine.
Perché il Comune di Varese non ha percorso queste strade? Le condizioni deteriori del Castello di Bel forte vanno a braccetto con quelle dei reperti della storia risorgimentale cittadina che sono ospitate presso Villa Mirabello di Varese. Reperti che il dirigente comunale mi ha scritto essere in buone condizioni e che comunque non sono valorizzati come dovrebbero essere.
Ancora una volta, rilancio la proposta che proprio nel 2009 ebbi a fare.
Dico di primo acchito ora come allora: un museo risorgimentale almeno di rilevanza regionale e di studio sulla storia del territorio ed anche sull'epopea degli industriali e mecenati varesini di cui alla mostra "Accoppiamenti giudiziosi" presso il Castello di Masnago. Museo che potrebbe essere rivolto a conservare e divulgare la storia locale. Museo che non avrebbe solo un compito conservativo ma assolutamente propulsivo. Compito che non rientra nel mandato svolto dall'archivio storico comunale che può disporre di personale preparato e che dovrebbe avere anche riferimenti rispetto alle ville varesine, agli edifici religiosi, agli scrittori, al sistema dei trasporti locali, alle arti varesine, all'alberature ospitate nei parchi varesini e censite sia dal Comune di Varese che dalla Provincia di Varese, eccetera.
L'archivio che dovrebbe essere connesso a quello sul Liberty locale che si vorrebbe realizzare a villa Talacchini a Comerio. La Provincia di Varese, l'Associazione Varese Europea e altri hanno infatti appena vinto un bando regionale i cui fondi sono destinati tra l'altro a valorizzare proprio i beni di cui al sentiero 10 di Varese tra cui le architetture Liberty. Si può quindi disporre dei fondi necessari per poter così gettare le basi per la salvaguardia dei beni storici locali. C'è bisogno però di una determinazione politica chiara e forte.
Abbiamo a Varese la Società Storica Varesina, abbiamo numerose fondazioni che si occupano della storia della nostra città. Ebbene, nel Castello potrebbero trovare sede gli archivi di coloro che hanno studiato il nostro territorio. Potrebbe essere realizzato un archivio delle importantissime presenze di scienziati, letterati e artisti che sono stati ospitati nella città giardino, eccetera.
Lo studio del passato dev'essere alla base delle scelte future e venire così ospitato presso il Castello di Belforte che non sarebbe abbandonato ma potrebbe fungere da centro di documentazione sulla storia del territorio e avere così uno scopo che possa costituire una ricchezza per il territorio e per coloro che lo abitano.

di: Arturo Bortoluzzi
Castello di Belforte, questo sconosciuto



ovidio-cazzola-2003

(02.07.04) Mentre nei piani alti della politica varesina si promette e si discute, nelle vie del centro di Varese il castello di Belforte resta un illustre sconosciuto. Siamo andati nel cuore della città e abbiamo intervistato sessanta varesini, di età variabile tra i 15 e i 78 anni. Il risultato è stato sconfortante, almeno per quanti ritengono che il castello di Belforte sia uno dei monumenti più importanti della città ed hanno a cuore il futuro della struttura, oggi fatiscente. Degli intervistati, solo ventidue hanno detto di conoscere l'ubicazione del castello, o almeno di sapere che il castello esiste. Tra questi, la metà esatta ha tra i sessanta ed i settanta anni, mentre i giovani si sono dimostrati i più ignoranti in materia. Tra i ventidue che sanno dell'esistenza del vecchio maniero, solo dieci hanno dichiarato di esserci stati almeno una volta nella vita, e anche in questo caso sono i più anziani tra gli intervistati ad essersi concessi una visita sulla collinetta che sovrasta viale Belforte. La situazione si fa ancora più tragica quando si vanno a leggere le risposte alla domanda "Conosce la storia o qualche leggenda relativa al castello?": solo sei persone hanno dimostrato di conoscere a grandi linee l'età del monumento belfortese, qualche leggenda o brandelli di storia antica relativa al castello (la più gettonata, tra le pochissime testimonianze, è quella relativa al presunto passaggio nel castello, oggi ridotto a rudere, di Federico Barbarossa, anche se la conoscenza è confusa). Il quadro, come si può comprendere, non è dei più positivi. I contenuti della mozione in consiglio comunale di Mirabelli, volta a spingere l'amministrazione comunale a dare risposte definitive e serie al problema del castello e alla sua messa in sicurezza, non sembrano essere prioritari per i cittadini varesini. A questo punto, preso atto del diffuso disinteresse per il problema, potrebbe nascere un dubbio legittimo: è il caso di continuare ad alimentare la polemica e fare proposte e promesse per trovare una soluzione definitiva su un tema che non attira l'interesse dei varesini? A nostro parere è il caso di continuare e non solo: bisogna informare i cittadini, soprattutto i più giovani, perché possano riappropriarsi di un patrimonio dimenticato e quasi perso.


Tommaso Guidotti  
redazione varesenews



veduta-del-castello-da-sud-ennesimo-crollo-esterno


castelo di belforte affresco intern
castelo di belforte affreschi interni
Castello di Belforte, questo sconosciuto



ovidio-cazzola-2003

(02.07.04) Mentre nei piani alti della politica varesina si promette e si discute, nelle vie del centro di Varese il castello di Belforte resta un illustre sconosciuto. Siamo andati nel cuore della città e abbiamo intervistato sessanta varesini, di età variabile tra i 15 e i 78 anni. Il risultato è stato sconfortante, almeno per quanti ritengono che il castello di Belforte sia uno dei monumenti più importanti della città ed hanno a cuore il futuro della struttura, oggi fatiscente. Degli intervistati, solo ventidue hanno detto di conoscere l'ubicazione del castello, o almeno di sapere che il castello esiste. Tra questi, la metà esatta ha tra i sessanta ed i settanta anni, mentre i giovani si sono dimostrati i più ignoranti in materia. Tra i ventidue che sanno dell'esistenza del vecchio maniero, solo dieci hanno dichiarato di esserci stati almeno una volta nella vita, e anche in questo caso sono i più anziani tra gli intervistati ad essersi concessi una visita sulla collinetta che sovrasta viale Belforte. La situazione si fa ancora più tragica quando si vanno a leggere le risposte alla domanda "Conosce la storia o qualche leggenda relativa al castello?": solo sei persone hanno dimostrato di conoscere a grandi linee l'età del monumento belfortese, qualche leggenda o brandelli di storia antica relativa al castello (la più gettonata, tra le pochissime testimonianze, è quella relativa al presunto passaggio nel castello, oggi ridotto a rudere, di Federico Barbarossa, anche se la conoscenza è confusa). Il quadro, come si può comprendere, non è dei più positivi. I contenuti della mozione in consiglio comunale di Mirabelli, volta a spingere l'amministrazione comunale a dare risposte definitive e serie al problema del castello e alla sua messa in sicurezza, non sembrano essere prioritari per i cittadini varesini. A questo punto, preso atto del diffuso disinteresse per il problema, potrebbe nascere un dubbio legittimo: è il caso di continuare ad alimentare la polemica e fare proposte e promesse per trovare una soluzione definitiva su un tema che non attira l'interesse dei varesini? A nostro parere è il caso di continuare e non solo: bisogna informare i cittadini, soprattutto i più giovani, perché possano riappropriarsi di un patrimonio dimenticato e quasi perso.


Tommaso Guidotti  
redazione varesenews



veduta-del-castello-da-sud-ennesimo-crollo-esterno


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